venerdì 31 ottobre 2008

Piano di caratterizzazione del sito di Pianura: il Ministero dell’Ambiente risponde alla Associazione


Spettabile Associazione Area Flegrea

come da accordi con l’ing. Tassoni vi invio le informazioni, acquisite per le vie brevi, sullo stato di avanzamento delle bonifiche nel SIN denominato "Pianura" successivamente all’approvazione da parte della Conferenza di Servizi decisoria del 06.06.08 del Piano di Caratterizzazione.
1) Le indagini di telerilevamento e gravimetria sono iniziate il giorno 3.10.08 dovrebbero terminare, compatibilmente con la disponibilità dell’elicottero della Guardia Forestale, nei prossimi giorni;

2) sono state indette gare per magnetometria e tomografia elettrica per tutto il Sin di Pianura, con precedenza per i dati relativi all’area Di.Fra.Bi. da consegnare 20gg dopo l’assegnazione di gara. Il termine per la presentazione dell’offerta scade il giorno 27.10.08, la commissione di aggiudicazione si riunirà il giorno 29.10.08 (tempo totale di esecuzione 40 giorni);

3) è stata indetta la gara per esecuzione di indagine geognostiche per la sola area ex Di.Fra.Bi (9 sondaggi di cui 4 all’esterno della discarica e 5 all’interno del corpo rifiuti tutti allestiti a piezometro + un pozzo spia) la data di presentazione delle offerte scade il giorno 4.11.08, il 6.11.08 riuniremo la commissione di aggiudicazione (tempo di esecuzione 40 gg);

4) è in corso di predisposizione la gara europea per il resto dei sondaggi da eseguire nel sito di Pianura previsti dal Piano di caratterizzazione approvato.

Resto a disposizione di qualunque ulteriore chiarimento ed invio cordiali saluti.


Marco Mendola

lunedì 20 ottobre 2008

‘Un altro modo è possibile’: esperienza di consumo consapevole e sensibilizzazione sociale


Giovedì 30 ottobre 2008 dalle ore 16.00 / 21.00 si terrà, presso il Cinema Sofia di Pozzuoli, la conferenza / dibattito ‘Un altro modo è possibile’, evento artistico t.r.a.s.h_tecnica riabilitativa a supporto dell’ homo sapiens ispirato al principio arte al servizio dell’evoluzione è comunicazione in forma artistica per offrire solidarietà alle piccole e grandi lotte quotidiane del genere umano.

Organizzato dal Coordinamento Civico Flegreo, che riunisce cittadini e associazioni dei Comuni di Pozzuoli, Quarto, Bacoli e Procida impegnati a sostenere una politica dei rifiuti ecocompatibile a salvaguardia del territorio e dell’ambiente, e dal Coordinamento Regionale Rifiuti, l’incontro mira ad illustrerà valide alternative per una gestione virtuosa del rifiuto solido urbano attuabili nel territorio dei Campi Flegrei.

Interverranno il prof. Paul Connet – esperto internazionale della strategia Rifiuti Zero, Carla Poli – imprenditrice centro riciclo Vedelago (TV) e Elena Vellusi – Coordinamento Civico Flegreo.
A moderare il dibattito pubblico Nicola Capone – Coordinamento Regionale Rifiuti.
Sono invitati amministratori regionali, provinciali, flegrei e la cittadinanza.
A concludere l’incontro le riflessioni di Alex Zanotelli – missionario comboniano.

L’iniziativa ‘Un altro modo è possibile’ si propone come occasione per promuovere il dialogo tra tutti gli attori del territorio flegreo e costruire una rete integrata di collaborazione istituzionale e democrazia partecipata e incentivare, in sinergia con le più recenti disposizioni legislative, la riduzione, il recupero, il riuso e il riciclaggio dei rifiuti, sulla base della strategia Rifiuti Zero.

Consapevoli che la questione è di pubblico interesse si utilizzerà la complementarietà delle arti per coinvolgere tutti verso una maggiore responsabilità e cooperazione. Interpreteranno le quattro R: Vincenzo Aulitto, Salvatore Vitagliano, Sasi Menale, Angelo Montefusco; fotografie di Santiago Faraone Mennella; videoproiezioni del N.o.c.c.s; performance teatrale Edoardo Amendola; laboratorio creativo da un’idea di Francesca Morante.

Per informazioni: dorianasarli@gmail.com

Non confondiamo il cambiamento climatico con l’inquinamento atmosferico


Le ricerche innovative, condotte presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, studiando gli archivi naturali integrati presenti nell’Area Mediterranea hanno consentito di ricostruire la storia del clima e dell’ambiente delle ultime migliaia di anni; cambiamenti climatici anche più intensi dell’attuale si sono verificati con ciclicità millenaria, naturalmente e senza l’inquinamento atmosferico antropogenico. La durata dei periodi caldi degli ultimi millenni è stata di circa 150/200 anni. Questi ultimi sono correlabili con un sensibile incremento di attività solare su scala multisecolare. L’attuale periodo di cambiamento climatico si sta instaurando secondo la naturale ciclicità millenaria e si sta sovrapponendo ad un crescente inquinamento antropogenico dell’atmosfera; esso si svilupperà naturalmente, in relazione all’attività solare, come accaduto 1000 anni fa. L’ambiente sarà interessato da modificazioni rapide, diversificate in relazione alle attuali condizioni climatiche connesse alla latitudine.

Il cambiamento climatico per l’uomo moderno tecnologico è anche una novità; va ricordato che gli ultimi millenni si sono verificati cambiamenti simili a quello attuale anche con una concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera inferiore a quella delle ultime decine di anni, come accaduto 1000 e 2000 anni fa. I cambiamenti del clima e dell’ambiente, in natura, si sono sempre verificati in assenza di inquinamento ambientale antropogenico; gli archivi naturali evidenziano che in periodi preistorici le concentrazioni di gas tipo CO2, metano ecc. hanno avuto sensibili variazioni naturali, aumentando nei periodi con clima anche più caldo dell’attuale. La storia del clima e dell’ambiente ricostruita con le ricerche scientifiche innovative, senza le sponsorizzazioni di coloro che si preparano ad azioni neocolonialiste speculando sul clima, evidenzia che indipendentemente dalle attività umane inquinanti, le popolazioni dovranno, comunque, adattarsi alle nuove condizioni climatico-ambientali che continueranno ad evolversi con la loro ciclicità millenaria.

Dobbiamo essere coscienti che il cambiamento climatico-ambientale non può essere contrastato. L’uomo può intervenire solo sull’inquinamento atmosferico attuando azioni tese a mitigarne gli effetti. L’uomo può efficacemente intervenire attuando sagge azioni per mitigare i danni che il cambiamento climatico provocherà modificando l’attuale ambiente naturale e antropizzato.

Tale conclusione, strettamente connessa ai dati scientifici multidisciplinari, alla storia ambientale e alle previsioni delle modificazioni del prossimo futuro, deve essere individuata come una pragmatica posizione per preparare l’ambiente nelle aree nelle quali verrà più significativamente modificato nelle prossime decine di anni.

I sostenitori di tali tesi scientifiche scaturite da dati, analizzati multidisciplinarmente, contenuti negli archivi naturali e relativi anche all’attività solare millenaria, finora sono stati definiti reazionari, al servizio degli inquinatori del globo, che intendono aggravare gli effetti della variazione climatica. Ma da chi? Da coloro che in base ai dati climatici strumentali che coprono solo gli ultimi 150 anni di storia, senza conoscere la storia del clima e dell’ambiente delle ultime migliaia di anni, come i ricercatori raggruppati nell’IPCC, (noto clan di ricercatori prevalentemente climatologi senza basi culturali per individuare, studiare e capire gli archivi naturali che contengono le informazioni sull’evoluzione del clima e dell’ambiente prima degli ultimi 150 anni, sponsorizzati dalle multinazionali e probabilmente, in parte anche in buona fede), sono giunti alla conclusione che molto probabilmente il cambiamento climatico attuale è provocato dall’inquinamento antropogenico dell’atmosfera. Tale versione, autoreferenziata e non scaturita e validata da un confronto scientifico internazionale multidisciplinare, è stata ampiamente lanciata dai mass media con una vera e propria campagna pubblicitaria promozionale che ha imposto una versione monocromatica della causa del cambiamento climatico-ambientale.

I governi di molte nazioni, sensibili alle pressioni delle lobbies che hanno sponsorizzato le ricerche dell’IPCC, assumono, ormai, ufficialmente che l’uomo sia la causa del cambiamento climatico. Quindi, per contrastare i cambiamenti ambientali si deve intervenire sulle attività umane. Bisogna assolutamente ridurre la produzione di gas ad effetto serra. Come? Ad esempio introducendo l’uso di biocarburanti per consumare meno combustibili fossili. Biomasse da recuperate nei Paesi poveri.

Ecco come l’attenzione globale si è spostata, dagli interventi tesi a mitigare i danni ambientali nelle aree che saranno più interessate dal cambiamento climatico, sulle attività industriali che sono state individuate dai ricercatori sponsorizzati dai neocolonialisti come la fonte principale delle emissioni di gas ad effetto serra che provocherebbero la variazione del clima.

Gli interventi da attuare nel prossimo futuro, conseguentemente, sono previsti nelle aree più industrializzate e causa prima delle emissioni inquinanti (che avrebbero provocato danni a tutto il pianeta) con la propagandata presunzione di poter così contrastare il cambiamento climatico e non di contenere l’inquinamento ambientale.

Tra gli interventi previsti vi è anche la neocolonizzazione di aree poco sviluppate dal punto di vista socio-economico, che sarebbero assoggettate per produrre i biocarburanti necessari per ridurre le emissioni in atmosfera prodotte nei paesi ricchi. In tal modo, nelle aree povere, si crea una competizione nell’uso del suolo in quanto le foreste e le aree già coltivate saranno progressivamente adibite alla produzione di biomassa per i biocarburanti che saranno sempre più usati nei paesi ricchi.

Su tali tesi, strettamente connessa agli interessi economici dei paesi ricchi a scapito dei paesi poco sviluppati, si trovano schierati i partiti progressisti e quelli ambientalisti accanto ai neocolonialisti; per ignoranza, disinformazione, speculazione economica, interessi vari. Secondo Fidel Castro tale politica neocoloniale provocherà la scomparsa prematura di alcuni miliardi di abitanti delle aree povere.

Cosa fare?
Prima di tutto va immediatamente promosso un dibattito scientifico multidisciplinare istituzionale internazionale, che finora è sempre stato contrastato dalle lobbies che hanno sponsorizzato l’IPCC le cui conclusioni non hanno basi scientificamente valide in quanto si basano solo su dati climatici degli ultimi 150 anni; la storia del clima delle ultime migliaia di anni non esiste per l’IPCC. La storia delle relazioni tra attività solare e clima delle ultime migliaia di anni, evidenziata dai più validi fisici solari internazionali, per l’IPCC non esiste. Per l’IPCC esiste solo l’inquinamento atmosferico connesso alle attività antropiche degli ultimi 150 anni. Scientificamente parlando, le conclusioni dell’IPCC non sono altro che un edificio senza fondazioni.

Dal punto di vista commerciale, le conclusioni dell’IPCC, per i paesi ricchi, aprono la strada ad un neocolonialismo sfrenato e all’ulteriore degrado socio-economico ed ambientale globale delle aree povere.

Va detto chiaramente che grazie alla efficace e interessata sponsorizzazione, i risultati dell’IPCC, scientificamente banali, si sono trasformati, per legge e non per meriti scientifici, in verità scientifica.

L’applicazione del protocollo di Kyoto deve essere vista come attuazione di misure tese a ridurre l’inquinamento atmosferico e non come il modo per combattere il cambiamento climatico.
Nelle aree povere dove il cambiamento climatico avrà significativi impatti negativi e dove circa 3 miliardi di persone non hanno ancora accesso all’acqua potabile, invece di sconvolgenti interventi neocoloniali, andrebbero attuate misure efficaci per adattare l’ambiente alle nuove condizioni climatiche che si intensificheranno nel prossimo secolo. L’Europa finora si è accodata acriticamente e passivamente alla politica neocoloniale imposta dagli sponsor dell’IPCC. L’Europa corre il rischio di applicare misure neocoloniali anche tra i suoi paesi membri in seguito ad una acritica promozione e facilitazione della produzione di biomassa che andrà a scapito delle qualificate produzioni agricole mediterranee.

Nel prossimo futuro i paesi del Mediterraneo, come accadde 1000 anni fa, saranno interessati dalla desertificazione delle zone costiere e dai più marcati cambiamenti ambientali che incideranno significativamente sull’economia e sicurezza ambientale; in tali aree vanno adottate concrete misure ambientali per la difesa delle risorse naturali, idonee a contenere i danni connessi al cambiamento climatico, e non misure tese ad avvantaggiare le attività industriali prevalentemente della parte centrosettentrionale dell’Europa che, come 1000 anni fa, sarà climaticamente favorita dalle nuove condizioni.

Vanno bene, ad esempio, gli aiuti alle industrie che producono autoveicoli per ridurre le emissioni gassose al fine di non inquinare ulteriormente (troppo) l’atmosfera; accanto a queste misure antinquinamento devono essere attuati interventi per preparare l’ambiente mediterraneo, in particolare, a sopportare per circa 100-150 anni gli effetti del riscaldamento globale naturale e ciclico.

Tra gli impatti che devono essere mitigati possiamo ricordare:

- l’erosione delle spiagge mediante restauri geoambientali attuati con ripascimenti duraturi;
- l’accumulo idrico per usi multipli (idropotabili, industriali, agricoli e antincendio);
- alimentazione artificiale delle falde per contrastare il loro sovrasfruttamento;
- il restauro e il disinquinamento fluviale;
- dissesti idrogeologici connessi alle modificazioni delle precipitazioni piovose e al riscaldamento delle aree alpine con conseguente scongelamento del permafrost.


Prof. Franco Ortolani - Ordinario di Geologia
Direttore Dipartimento Pianificazione e Scienza del Territorio
Università degli Studi di Napoli Federico II