lunedì 21 luglio 2008

Dove si mette l’inceneritore di Napoli?


Gli amministratori comunali proponendo la realizzazione dell’inceneritore ad Agnano hanno sicuramente scelto il sito che essi ritenevano più idoneo nel territorio di Napoli. E ora che la localizzazione è stata ritenuta improponibile per vari problemi geoambientali non potranno che proporre siti sicuramente meno idonei. È probabile, pertanto, che l’inceneritore non si potrà realizzare nell’ambito del territorio comunale perché non vi sono siti che possano ospitare l’impianto garantendo la sicurezza ambientale e la salute dei cittadini.

L’articolo 8 del DL 90 del 23 maggio 2008 prevede che “Al fine di raggiungere un'adeguata capacità complessiva di smaltimento dei rifiuti prodotti nella regione Campania, il Sottosegretario di Stato è autorizzato alla realizzazione di un impianto di termovalorizzazione nel territorio del comune di Napoli, mediante l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili a salvaguardia della salute della popolazione e dell'ambiente”.
Le aree “non urbanizzate” o utilizzabili nel comune di Napoli sono molto poche; escluse quelle ricadenti nelle zone vulcaniche attive; oltre a quella che è già stata presa in considerazione nell’area industriale dimessa di Napoli est si possono individuare due altre aree nella parte settentrionale del Comune tra Secondigliano, Scampia e Chiaiano lungo il confine comunale con Arzano, Mugnano e Marano.
L’area industriale dimessa è caratterizzata, come noto, da un inquinamento del suolo, sottosuolo e della falda ed è circondata da aree urbane distanti alcune centinaia di metri. A sud c’è anche la centrale elettrica. La realizzazione dell’impianto deve essere preceduta dal disinquinamento che è costoso e realizzabile in alcuni anni. Tale area, pertanto, non è immediatamente disponibile.

Nell’area nord di Napoli si trova un’area agricola tra i quartieri di Secondigliano e Scampia, adiacente al carcere e alla superstrada che collega l’Autostrada con il Lago Patria. A poche centinaia di metri si trovano aree densamente urbanizzate del Comune di Napoli e di Arzano. L’impianto, pertanto, confinerebbe con le abitazioni.

Un’altra area agricola si trova tra l’abitato di Chiaiano e Marano e confina con la Selva di Chiaiano, area verde protetta del Parco delle Colline. Anche in questo caso l’impianto si troverebbe a pochi metri dalle abitazioni e in una zona mal servita da strade interessate da traffico caotico.

Nel quartiere di San Pietro a Patierno non vi sono aree distanti dalle abitazioni e raggiungibili con strade percorribili da automezzi pesanti. È agevole prevedere fin da ora che nessuna area potrà risultare idonea per la realizzazione di un inceneritore.

Per Napoli e i napoletani, quindi, non rimane che una soluzione obbligata e realizzabile fin da ora: avviare immediatamente una seria raccolta differenziata, una politica di riduzione degli scarti in entrata, una infrastrutturazione per trattare i residui organici e i materiali riciclabili.
Occorre mettere a punto e iniziare a realizzare un progetto strategico che in due anni consenta di ridurre drasticamente la produzione dei rifiuti urbani.
Il Governo nazionale può sostenere tale progetto dettando i tempi della sua realizzazione e stabilendo le verifiche. Ad esempio, entro due anni la produzione dei rifiuti deve essere ridotta almeno del 70% rispetto all’attuale produzione; altrimenti l’amministrazione comunale verrà commissariata e i cittadini saranno puniti con un incremento delle tasse; queste ultime saranno invece diminuite se l’obbiettivo viene raggiunto.
Tale patto avrebbe un importante significato in quanto richiamerebbe gli amministratori ad un controllato impegno civile nelle loro attività istituzionali, basato sul ricorso alla buona tecnica, sulla scienza, sul buon senso e sul rispetto delle leggi ordinarie, senza malsane aperture alle leggi “straordinarie” che finora hanno determinato solo danni ambientali ed economici ai cittadini campani.

Prof. Franco Ortolani
Ordinario di Geologia
Direttore Dipartimento Pianificazione e Scienza del Territorio
Università degli Studi di Napoli Federico II

Scandalo rifiuti in Campania: i decreti legge di maggio (n. 61 dell'11 maggio 2007 e n. 90 del 23 maggio 2008) a chi servono?



Il mese di maggio sembra essere propizio per l’emanazione di decreti legge che dovrebbero risolvere lo scandalo-emergenza rifiuti in Campania. Lo scorso anno il governo Prodi emanò il DL n. 61 dell’11 maggio nel quale erano indicate le discariche che dovevano essere immediatamente realizzate per chiudere lo scandalo rifiuti: S. Arcangelo Trimonte (BN), Savignano Irpino (AV), Terzigno (NA) e Serre (SA). Nonostante il DL sia stato trasformato in legge il 7 luglio 2007, solo la discarica di Serre è stata realizzata e aperta nel mese di settembre 2007; S. Arcangelo Trimonte (BN) e Savignano Irpino (AV) sono state aperte oltre un anno dopo l’emanazione del DL n. 61 che naturalmente non è servito a risolvere lo scandalo rifiuti ma lo ha esaltato.

Il 23 maggio 2008 il governo Berlusconi ha emanato un nuovo DL, il n. 90 che prescrive (articolo 9) la realizzazione delle seguenti discariche per contribuire significativamente alla chiusura dello scandalo rifiuti: 1) Sant'Arcangelo Trimonte (BN) - località Nocecchie; 2) Savignano Irpino (AV) - località Postarza; 3) Serre (SA) - località Macchia Soprana; 4) Andretta (AV) - località Pero Spaccone (Formicoso); 5 e 6) Terzigno (NA) - località Pozzelle e località Cava Vitiello; 7) Napoli località Chiaiano (Cava del Poligono - Cupa del cane); 8) Caserta - località Torrione (Cava Mastroianni); 9) Santa Maria La Fossa (CE) - località Ferrandelle; 10) Serre (SA) - località Valle della Masseria.

Le discariche devono essere realizzate nel pieno rispetto della normativa comunitaria tecnica di settore allo scopo di consentire lo smaltimento in piena sicurezza dei rifiuti urbani prodotti nella regione Campania (anche rifiuti urbani non selezionati e non trattati e rifiuti pericolosi).

Le discariche 1 e 2 dell’elenco erano già individuate nel DL dell’11 maggio 2007 e sono state aperte da circa un mese, ad oltre un anno dalla prescrizione della loro attivazione. Come mai c’è voluto più di un anno per attivare le due discariche che, secondo le intenzioni del Governo Prodi, dovevano fare uscire la Campania dall’emergenza fin dallo scorso anno? La responsabilità è semplicemente del Governo Prodi che non ha dato un incarico perentorio di immediata realizzazione delle discariche, prima al Commissario di Governo Pansa che tra l’inizio di luglio e la fine di dicembre 2007 non ha nemmeno avviato le procedure di emergenza, e poi al Commissario di Governo De Gennaro che ha perso alcuni mesi prima di avviare concretamente la realizzazione degli impianti. Mentre il sito di Savignano Irpino non presenta particolari problemi geologici ed ambientali, la discarica di S. Arcangelo Trimonte è ubicata in parte in area idonea geologicamente e in gran parte in area a rischio idrogeologico per frane secondo la competente Autorità di Bacino. Per agevolare i lavori di preparazione con reali garanzia di tutela ambientale, il DL 90/08 avrebbe dovuto modificare di poche decine di metri l’ubicazione delle vasche ricadenti lungo il pendio instabile proponendo la loro realizzazione sull’adiacente altopiano argilloso geomorfologicamente stabile. Invece il DL ha riproposto irresponsabilmente le stesse aree instabili già individuate dal DL dell’11 maggio 2007 senza alcuna istruttoria tecnica e senza alcuna indagine geologica preliminare. Le due discariche dovrebbero garantire lo smaltimento dei rifiuti regionali, se non avvengono dissesti, per diversi mesi.

Il sito 3, Macchia Soprana nel Comune di Serre (SA) è già in via di chiusura per saturazione dell’impianto. L’inserimento nel DL significa che si intende ampliare la discarica esistente?
Il sito 10, località Valle della Masseria nel Comune di Serre (SA) è già stato oggetto di un tentativo di apertura di discarica lo scorso anno che fu bloccato dal Tribunale di Salerno.
I siti 3 e 10 non sono idonei geologicamente ed ambientalmente perché ubicati poco a monte della captazione di oltre 250 milioni di metri cubi di acqua per l’irrigazione della Piana del Sele e dell’Oasi naturalistica di Persano. L’importanza strategica delle acque del Sele per l’ambiente e l’economia, nel rispetto della buona tecnica, della scienza, delle leggi ordinarie e del buon senso evidenzia palesemente che i siti non sono idonei e che è pura e demenziale follia il loro inserimento in un DL. Tutti i dati che evidenziano l’assurdità e la follia amministrativa di chi ha già realizzato due discariche sulle captazioni e ne vuole realizzare altre due sono contenuti nelle relazioni elaborate lo scorso anno dallo scrivente e consegnate alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti durante l’audizione del 26 luglio 2007.

Il sito 4, località Pero Spaccone sull’altopiano del Formicoso nel Comune di Andretta (AV) è già stato oggetto di un tentativo di realizzazione di discarica circa 10 anni fa. Si tratta di un altopiano argilloso in area altamente sismica che in seguito al terremoto del 1980 è stata interessata da evidenti deformazioni cosismiche rappresentate da fratture che interessavano il suolo e sottosuolo. Per tali caratteristiche il sito non offre garanzie di tutela ambientale e deve essere eliminato dall’elenco, come del resto prescrive anche la legge italiana.

I siti 5 e 6, località Pozzelle e località Cava Vitello nel Comune di Terzigno (NA), come è noto si trovano nel Parco Nazionale del Vesuvio e in area notoriamente caratterizzata da vulcanismo attivo tanto è vero che alcune eruzioni eccentriche del 1760 sono avvenute da bocche apertesi a breve distanza. La legge italiana vieta la realizzazione di discariche in aree di vulcanismo attivo perché le marcate deformazioni del suolo metterebbero fuori uso le impermeabilizzazioni alla base dei rifiuti determinando inquinamento ambientale. I due siti devono essere eliminati.

Il sito 7, Cava del Poligono in Cupa del cane nel Quartiere Chiaiano del Comune di Napoli è l’unico nel quale attualmente, dopo circa un mese e mezzo dall’emanazione del DL 90/08, il Commissario di Governo sta portando avanti una faticosa e deludente progettazione basata su dati conoscitivi acquisiti solo a posteriori e che, tra l’altro, evidenziano la non idoneità attuale geologica, idrogeologica, geotecnica ed ambientale dell’area. Infatti, le ricerche svolte nella Cava del Poligono hanno evidenziato: - instabilità delle pareti di cava già interessate da dissesti negli anni passati; - ammasso tufaceo delle pareti di cava caratterizzato da un notevole pericolo di frana e di crollo di enormi porzioni di roccia; - pericolo idraulico relativo al piazzale di cava che è sottoposto rispetto all’alveo di Cupa del Cane e alle zone limitrofe; - pericolo idraulico relativo all’alveo strada di accesso alla cava in quanto può essere interessato da colate detritiche catastrofiche ed improvvise in seguito ad incendi e ad eventi piovosi eccezionali come quelli del 15 settembre 2001 e del 6-7 giugno 2008; - presenza di un substrato permeabile in grado di assorbire fino a circa 1500 metri cubi di acqua nelle 24 ore; - assenza di livelli impermeabili nel sottosuolo; - presenza di una falda di importanza strategica nel sottosuolo a circa 150 metri di profondità dal piano della cava; - la cava è inserita nell’area protetta del Parco della Collina dei Camaldoli; - a circa 1000-1500 m di distanza, sottovento, si trova la più importante area ospedaliera del Mezzogiorno d’Italia; - la cava si trova inserita in un’area boscata che giunge, con continuità, a lambire l’area ospedaliera e le aree abitate; non si trova in condizioni di essere isolata rispetto alla fauna selvatica che popola la Selva di Chiaiano; - nelle aree vicine (già a poche centinaia di metri) si trovano insediamenti abitativi che sono anche sottovento; - le strade d’accesso sono assolutamente inadeguate e attraversano le aree abitate; - l’area è circondata da piantagioni rinomate di ciliegi; - i primi dati circa la sostenibilità, da parte delle strade esistenti, del nuovo carico dei mezzi pesanti in entrata e uscita si avranno alla fine di luglio 2008. Tali evidenze sottolineano che l’inserimento della cava di Chiaiano nel DL 90 del 23 maggio 2008 è stato incauto.

Il sito 8, Cava Mastroianni in località Torrione nel Comune di Caserta è adiacente ad un’area caratterizzata da cave a fossa colmate di rifiuti (es. la discarica Lo Uttaro) e di accumuli di rifiuti sulla superficie del suolo che hanno già provocato l’inquinamento del suolo, sottosuolo e delle acque di falda, come evidenziato da indagini della Magistratura. La Cava Mastroianni è una cava a fossa con il fondo costituito da rocce permeabili; l’isolamento previsto alla base dei rifiuti non può essere credibilmente garantito per un periodo superiore a 15 anni. Il riempimento della cava, in tale quadro, determinerebbe un ulteriore inquinamento della sottostante falda (a 10-15 m di profondità rispetto al fondo cava) che è ampiamente utilizzata nelle aree circostanti. Il sito non è palesemente idoneo per la realizzazione della discarica.

Il sito 9, località Ferrandelle nel Comune di Santa Maria La Fossa (CE) si trova nella parte centrale della pianura del Volturno caratterizzata da suoli fertilissimi, da una falda molto superficiale (a profondità variabile da 1 a 3 metri dal piano campagna) e da un sottosuolo costituito da sedimenti accumulatisi nelle ultime migliaia di anni, molto soffici e soggetti a rapide e consistenti deformazioni quando sono sottoposti a carichi. Tale area rappresenta un monumento ambientale per le particolari risorse naturali e produttive. La discarica già realizzata dal Commissario di Governo De Gennaro ha provocato un serio inquinamento ambientale, come evidenziato dalla magistratura. L’inserimento del sito nel DL 90/08 può significare che l’area di discarica deve essere ampliata? Il sito non è idoneo per le caratteristiche geologiche, idrogeologiche, geotecniche e ambientali e non può essere usato per la realizzazione di una discarica che garantisca il rispetto delle leggi, della salute dei cittadini e delle risorse idriche superficiali e sotterranee.

I 10 siti indicati nel DL 90 sono spuntati dal nulla; non discendono da un quadro conoscitivo di tutte le aree geologicamente ed ambientalmente idonee dell’intera Campania per la realizzazione di discariche. Benché sia stato evidenziato che nella regione vi sono decine di aree naturalmente idonee per la realizzazione di discariche e che queste devono essere valutate da esperti multidisciplinari e da personaggi credibili tecnicamente, politicamente e amministrativamente, i responsabili politici e amministrativi dello scandalo rifiuti si guardano bene dal seguire un percorso ispirato alla buona tecnica, alla scienza, al rispetto delle leggi ordinarie e del buon senso.
Il DL 90/08 sembra dettato, ancora una volta, dalla palese volontà di non chiudere definitivamente lo scandalo rimandandone la soluzione.
Le oggettive considerazioni ambientali sopra esposte evidenziano le criticità ambientale di quasi tutti i siti individuati nel DL 90/08 senza una preventiva ed adeguata indagine.
Tali palesi criticità non possono essere superate da semplici opzioni politiche; queste ultime, nell’attuale quadro di non credibilità tecnica, amministrativa e politica possono determinare solo scontri sociali e non possono determinare una onorevole, sia pur tardiva, chiusura dello scandalo rifiuti.
Dal momento che quattro discariche sono già attivate e in via di chiusura, perché poi non sono già iniziati i lavori in tutti gli altri siti (ammesso che siano ambientalmente idonei)?
È semplice prevedere che fra alcuni mesi si satureranno le discariche di S. Arcangelo Trimonte e di Savignano Irpino e la Campania si troverà in una nuova ciclica emergenza ambientale.
I decreti legge di maggio, allora, non servono ai cittadini campani; non servono a chiudere definitivamente lo scandalo rifiuti.
Sembra che siano funzionali a tenere ancora in vita lo stato di emergenza ambientale. È una anomalia intollerabile che i decreti emanati di maggio non siano supportati da una preventiva indagine tesa a verificare la realizzabilità tecnica, economica e ambientale degli interventi.
Prof. Franco Ortolani Ordinario di Geologia
Direttore Dipartimento Pianificazione e Scienza del Territorio
Università degli Studi di Napoli Federico II